Quando avete deciso di dedicarvi alla musica e perché?
Il tutto è iniziato quando ho ripreso a suonare la chitarra per aiutare il braccio destro, atrofizzato, nella riabilitazione dopo un politrauma. Lì i suoni hanno aperto un mare di emozioni sotterranee che ho sentito il bisogno di cristallizzare nei pezzi che hanno trovato posto nell’EP di Scenes from afar. Ha ragione Bukowski quando dice
A volte non hai il tempo di accorgertene, le cose capitano in pochi secondi. Tutto cambia. Sei vivo. Sei morto. E il mondo va avanti. Siamo sottili come
carta. Viviamo sul filo delle percentuali, temporaneamente.
Tutte le lettere mai spedite, tutti i testi persi, se io non fossi sopravvissuto non sarebbero mai esistiti: e così ho raccolto le prime immagini viste in fase di risveglio dal coma farmacologico nella Rianimazione del Maria Vittoria e le ho messe nel pezzo “Scenes from afar”, che poi dà il titolo all’’EP.
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Quali sono stati i vostri primi passi nel mondo della musica? Raccontateceli.
Ho iniziato da ragazzino a strimpellare la chitarra, mantenendo negli anni una bassa convinzione mentre abbozzavo testi che puntualmente perdevo e lettere che mai spedivo. La musica è stata sempre una compagna ma mai un progetto definito, fino ad ora.
Qual è il vostro genere musicale?
Di base mi piace il rock, da quello anni 70 fino ai giorni nostri. Negli anni ho apprezzato sempre di più quella cantautorale: oggi siamo però invasi dall’offerta musicale. Dai centri commerciali, agli autogrill, ai Talent: forse per compensazione cerco di ascoltarne sempre meno come sottofondo e di più per scelta, dedicandoci tempo ed attenzione. Preferisco arrivare a casa, scegliere un CD o un Vinile e ascoltarlo mettendomi sul divano, o meglio ancora ascoltarla dal vivo.
Quali artisti hanno influenzato la vostra scelta musicale?
Su tutti Hendrix che mi ha aperto un mondo ma poi anche Springsteen, Cohen, Damien Rice … tutti quelli che sembra portino davvero sé stessi, nudi, nei loro pezzi, insieme ad un messaggio sociale importante.
Avete mai pensato di mettere insieme una band per i live?
Beh, il mio progetto DalVivo Trio nasce proprio per la co-costruzione dei pezzi perché siano condivisi in ambito live: è un album semplice, non ci sono tecnicismi ed è pur sempre una piccola autoproduzione. Mi piaceva poter dire agli amici, e a chi mi ha salvato la vita: ecco, guarda qui, non è niente di così speciale, ma esiste grazie a noi.
Che cosa nei pensate dei Talent Show?
Su questo ho notizie di seconda mano: non ho l’antenna TV da 15 anni a questa parte, non seguo nessun programma TV. Dalle notizie e dagli spezzoni di YouTube lo trovo un modo di fare e parlare di musica che non condivido. Aiuta a legittimare musicalmente chi ha degli spazi mediatici importanti (TV o Like o Visualizzazioni YouTube) mentre credo ci sia bisogno di tornare ad una dimensione più locale ed umana della musica.
Cos’è la musica per voi?
Uno strumento potente: come tutte le arti consente di scavare a fondo, solo che lo fa, almeno per me, molto più a fondo che le altre espressioni artistiche. Per me è stata fondamentale nel rileggere il mio trauma, raccontarmelo sotto altre prospettive, accettandolo. Per questo nutro molto rispetto per la musica e non voglio esserne circondato sempre: voglio sia una scelta quotidiana, che ci sia uno scambio emozionale forte durante l’ascolto o l’esecuzione di brani. Non un riempitivo: anche sforzandosi, nessuno avrebbe le energie per un ascolto vero e consapevole per ore al giorno.
Descrivete il vostro singolo in 3 parole.
Musica, Gioia e Gratitudine
Quando prevedete di uscire con un nuovo singolo o un nuovo album?
Il 14 giugno suonerò in un concerto di raccolta fondi per gli Ospedali Maria Vittoria e San Giovanni Bosco di Torino: ho invitato, tra gli altri, i medici ed infermieri che lì lavorano. Per me è un momento di espressione di gratitudine ma anche il mio saluto al periodo che è stato quello di “Riabilitazione”: non avrò allora più scuse per prendere altri 7 pezzi, già scritti, arrangiarli e lavorare sul secondo capitolo delle “scene viste da lontano”. Probabilmente avrò bisogno di MusicRaiser per autoprodurlo.
Abbandonereste l’Italia per vivere un’esperienza musicale all’estero?
Credo che tutti siamo disposti a tutto, quando sentiamo che ne vale la pena
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